16 dicembre 2005

STREET LUGE, SDRAIATI SULL' ASFALTO A 100 Km ORARI..









Tavola (luge), tuta di pelle, casco e via!

Se si dice che sia un lontano parente dello skateboard, forse, non ci crede nessuno...
Eppure, questo pazzo sport made in U.S.A. è nato proprio dalla stessa idea dello skate: sfruttare un "carrello" e quattro ruote per lanciarsi liberamente giù da strade in discesa.
Nelle gare di street luge, che ricordano molto quelle dello slittino sul ghiaccio, si viaggia sdraiati a 10 centimetri da terra e si raggiungono velocità di 100 km/h: i piedi insieme al peso del corpo, oltre che per girare, sono consentiti ovviamente per frenare la folle corsa.

13 dicembre 2005

IL VENTO TRA LE MANI....!











Windsurf, ovvero tavola a vela. Ovvero l'emozione di volare sul mare sentendosi in armonia con gli elementi, sentendosi un tutt'uno col vento e l'acqua.
Sì, perché è il nostro corpo ad unire e dare forza all'insieme di vela e tavola.
A differenza delle altre imbarcazioni a vela, dove si é in parte "aiutati" dall'attrezzatura nel windsurf il vento si scarica direttamente sulle braccia, sulle gambe, e attraverso di lui passa direttamente ad imprimere il moto alla tavola.
Dal momento della prima planata in windsurf, scatta qualcosa nel cervello, d'ora in avanti ogni soffio, folata, raffica, ovunque siamo, ci farà subito trasalire e sognare…
Windsurf, sogno e follia, gioia e frustrazione… Se c'è uno sport che può coinvolgere fino in fondo, ma che può richiedere allo stesso tempo una dedizione talvolta quasi "monomaniacale", questo è sicuramente il windsurf.
Il windsurf fa risalire le sue origini ai primi anni '70, in California, anch'esso come evoluzione del surf da onda, il padre di tutte le "tavole", dall'idea di continuare a fare surf anche senza onde. Lo stesso impulso che in seguito ha creato lo snowboard ed il wakeboard, solo una curiosità, il primo windsurf fu presentato durante una festa in una villa, ed entrò ufficialmente per la prima volta in acqua… in una piscina!
Grandissimo sport per tutti e per tutte le età.... praticavo il windsurf moltisimmi anni fà, per intenderci, quando ancora si vedevano in mare una miriade di " BIBERONI" come li chiamavamo noi.. (tavole lunghissime e inaffondabili), poi le prime vele tecniche i primi alberi in carbonio, le prime tavolette o placette semi e affondabili..ero giovane e non ho continuato.. perchè preso da altri sport e soprattutto dalla "ciccia baffa"...a vent'anni che vuoi capì....
Il windsurf credo che sia uno dei sport più difficili che abbia mai praticato, forse un giorno ricomincerò insieme a mio figlio...se questo sport gli piacerà....

01 dicembre 2005

SCIARE OGGI.... COME I NOSTRI AVI NORDICI !!










Il Telemark, oltre ad essere il nome della regione norvegiese dove è nato lo sci, è anche la più antica tecnica di discesa risalente intorno al 1860. Si tratta del più antico metodo usato per fare un comodo cambio di direzione con gli sci ai piedi.
Conosciuto anche con il nome di “sciata a tallone libero” è un modo di sciare libero. Infatti questa disciplina permette di sciare in qualsiasi neve, in qualsiasi condizione, anche senza impianti di risalita grazie agli scarponi che lasciano libero il tallone, permettendo allo sciatore di camminare. Per praticare il telemark non esistono regole ben precise.
La flessibilità è uno degli aspetti più importanti del telemark. Nelle curve lo scopo è utilizzare entrambe le punte degli sci, concentrandosi su alluce e mignolo. Non preoccupatevi se gli sci spigolano: la cosa importante è sapere che devono spigolare sul lato a monte e il peso deve essere equamente distribuito nei due piedi facendo pressione rispettivamente sull’alluce anteriore e sul mignolo posteriore. Così facendo lo sci a valle viene a trovarsi in posizione avanzata rispetto all'altro sci e la gamba a monte si inginocchia fino a toccare quasi lo sci stesso.
Lo sci telemark è adatto a tutti coloro che vogliono imparare a sciare in un modo diverso, più impegnativo e faticoso, ma al tempo stesso, anche più grazioso ed elegante.
L'attrezzatura moderna, molto simile a quella antica, si differenzia da quest'ultima per i materiali. Infatti gli antichi sci in legno e gli scarponi in cuoio sono ora sostituiti da prodotti molti simili a quelli per lo sci da discesa. Gli attacchi sono strutturati in modo tale che il tallone sia sbloccato per consentire il piegamento, e lo scarpone, generalmente in plastica, ha la punta più lunga del normale.
Il telemark è recentemente divenuta una specialità olimpica, anche se non ancora molto diffusa.

Ragazzi è veramente una nuova dimensione dello sci, certamente più faticosa, ma vi posso garantire che è divertentissima, stupenda da vedere, e soprattutto per chi ha praticato lo sci da fondo (..ha dimestichezza con il tallone libero..), non è così difficile da imparare....per saperne di più visitate i siti:

http://lnx.telemarktribe.com/it/ http://www.telemark.it/

Quest'inverno in settimana bianca, provate il telemark, magari con un maestro, sono sicuro che anche voi dopo qualche ora di lezione, troverete in questa disciplina quel pizzico di sale che nello sci forse si è un pò perso, anche per l'avvento dello Snowboard....ma questo...sarà un'altro post.

Provate e poi ditemi......ERTALE

15 novembre 2005

SALTA...E....RIMBALZA !








Il salto con l'elastico - Bungee Jumping - è una versione moderna di un rituale molto antico nato nella lontana Oceania, a circa 4000 miglia dalle coste orientali dell'Australia in pieno Oceano Pacifico, dove si trova l'arcipelago delle Isole Vanuatu o, più comunemente dette, Nuove Ebridi.
è intorno agli anni '70 che si svolsero in Europa i primi veri e propri salti con l'elastico, grazie ai membri del "Dangerous Sports Club" dell'Università di Oxford, determinati a trovare una valida alternativa alla liana, arrivando quindi a definire i criteri di affidabilità utili alla realizzazione dell'attrezzatura per saltare.
Il primo vero Bungee Center aperto al pubblico in Europa è stato realizzato in Francia nel 1987.
Il bungee jumping consiste nel saltare a caduta libero da un ponte o da un altezza elevata per una velocità massima di 104 km/h, legati da una corda elastica che grazie ad un sistema di fili in lattice naturale contiene una decelerazione in limiti non nocivi al corpo umano.
L'elastico ha l'aspetto di un "cordone" con due anelli all'estremità.
Il "cordone" viene ottenuto partendo da una piattina (costituita da una ventina di fili di lattice incollati parallelamente) che viene passata tra un anello e l'altro una cinquantina di volte. La matassa viene compattata da una serie ulteriore di piattine "stese" attorno alla matassa. In teoria l'elastico può allungarsi fino al 650% della sua lunghezza, ma non si carica mai oltre il 350%. L'elastico è stato sperimentato per 2000 lanci dal Politecnico di Torino ma per sicurezza lo si getta vie e reso inservibile dopo 250 lanci.
Su basi statistiche il bungee è uno degli sport "estremi" meno pericolosi. In 15 anni ci sono stati 5 incidenti mortali. Una percentuale vicina allo 0% sul totale dei salti.

Il record: Lo svedese Goran Widenby ha saltato da una mongolfiera posta a 5050 metri di altezza.

Personalmente, avendolo provato, devo dire che la sensazione , non è stata così gradevole, primo perchè rispetto al salto da 4500 m. l'impatto visivo è molto più forte (nel senso che la terra è tremendamente vicina e si ha piena consapevolezza dell'altezza che stiamo per saltare), secondo, la "risacca viscerale", così la definirei la senzazione che si prova quando l'elastico ti richiama in aria...fortunatamente non avevo mangiato niente prima di saltare, altrimenti....
Forse con una imbragatura ventrale ( al richiamo si può assumere una posizione seduta o raccolta) avrei apprezzato di più, ma questo ve lo saprò dire soltanto quando mi ricapiterà e se....
Il costo medio( affatto economico), per un lancio singolo, si aggiara intorno a 80€ e qualcosina in più per il tandem o il notturno...

08 novembre 2005

SOTT'ACQUA....ALL'ULTIMA MAZZATA




Dopo il rugby, ora anche l'hockey si pratica in piscina....incredibile ma vero!
L' hockey subacqueo è uno sport velocissimo che combina nuoto e capacità di apnea.
E' praticato sul fondo di una piscina da due squadre di 6 elementi. I giocatori indossano pinne, maschera, tubo per la respirazione, casco e un guanto protettivo. La mazza è corta, il disco pesante più o meno 3 libbre e la porta larga 3 metri.
E' vietato qualsiasi tipo di contatto e solitamente i giocatori coprono ognuno una zona ben precisa della piscina.
Il successo dipende soprattutto dal lavoro di squadra, e dalla bravura (..direi capacità polmonare in questo caso..) del giocatore, in un ambiente dove il vantaggio della massa corporea viene annullato dall'acqua.
I tempi sono due da 15 minuti e le squadre possono operare massimo 4 sostituzioni dove i nuovi entrati si “tuffano” direttamente nel gioco. La caratteristica principale del gioco è l'inibizione della forza bruta a favore di una competizione dove giocatori di piccola stazza fisica possono competere alla pari di veri giganti.
Lo sviluppo delle azioni è prettamente subacqueo e la media di apnea solitamente si aggira sui 30 secondi.
Poche e semplici regole: nessuno può toccare colui che sta controllando il disco, il contatto è riservato esclusivamente al disco stesso, non si può fare ostruzione oppure manovre di disturbo (tipo togliere la maschera all'avversario). Il passaggio è difficile ma possibile, basta colpire il disco con la mazza ed indirizzarlo al compagno, il disco può essere anche alzato ed essere lanciato mantenendo una traiettoria di 50 cm dal fondo in modo da evitare eventuali intercettazioni.
Attualmente l'hockey subacqueo sta mietendo proseliti negli Stati Uniti dove vanta un vero e proprio campionato nazionale, con tanto di divisioni e mega playoffs tra le migliori squadre degli stati.

04 novembre 2005

SOTT' ACQUA A CACCIA.......DI FOTO

La cernia



Pesce prete
L'aguglia
Il barracuda
La ricciola


Lo scorso Ottobre, le acque dell'Isola d'Elba hanno ospitato il Campionato Italiano di Cacciafotosub, una disciplina affascinante ed originale che vede i subacquei affrontarsi a suon di …scatti fotografici.
Secondo il regolamento FIPSAS, infatti, la "Caccia Fotografica Subacquea consiste nel catturare, con l'obiettivo di una fotocamera subacquea il maggior numero di pesci di specie diversa" nel rispetto di determinate regole.
Almeno mezz'ora prima dell'inizio della gara gli atleti ricevono dai giudici un rullino numerato da 36 pose e sensibilità 100 asa (normalmente per diapositive) da restituire al termine della competizione, che ha una durata minima di 4 ore. Ogni atleta deve utilizzare il primo scatto per ritrarre sé stesso con il numero di gara in evidenza: la titolarità dei rullini, infatti, viene determinata proprio in base a questa prima foto; ogni rullino privo dello scatto identificativo viene eliminato ed il suo titolare squalificato. Durante la competizione, gli atleti si spostano all'interno del campo gara e si immergono a caccia di pesci, cercando di immortalare quante più specie possibili: dato che il numero di scatti è limitato, è evidente che ogni errore (foto sfocata, pesce inquadrato male, pesce troppo lontano dall'obiettivo o altrimenti irriconoscibile etc..) influisce negativamente sul punteggio finale. Dopo la riconsegna dei rullini, l'organizzazione provvede a farli sviluppare.
A questo punto le foto sono valutate da una giuria composta da tre o cinque giudici, che possono attribuire ad ogni foto valida un punteggio da 0 a 10. I criteri di validità sono svariati: corretta messa a fuoco, corretta esposizione, possibilità di identificazione inequivocabile della specie, dimensioni minime del pesce pari a ¼ del lato lungo del fotogramma (36mm : 4 = 9 mm) integrità del fotogramma ed altri ancora. Il pesce va ritratto nel suo ambiente naturale e non è consentito attirarlo con pasture o trattenerlo con alcun mezzo.
Si possono presentare al massimo 35 specie diverse (36 scatti meno il primo) ed è obbligatorio presentare un solo fotogramma per specie. Il punteggio attribuito dalla giuria ad ogni foto viene poi moltiplicato per il coefficiente di difficoltà associato alla specie ritratta nello scatto. Esistono tre gruppi di specie (facili, media difficoltà e difficili) cui sono associati tre distinti coefficienti (2, 4 e 6). Pesci statici e/o poco diffidenti come scorfani, ghiozzi e bavose, fanno parte del gruppo delle specie facili; pesci meno confidenti come castagnole, tordi e donzelle appartengono al gruppo intermedio ed infine pesci come l'orata o il dentice appartengono al gruppo delle specie difficili con coefficiente 6. Se la specie ritratta non rientra nell'elenco ufficiale delle specie, si applica il coefficiente delle prede più difficili (coeff. 6).
La Cacciafotosub si articola storicamente in due principali categorie, Sportiva e Tecnica. Alla Categoria Sportiva appartengono gli atleti che si immergono in apnea, mentre quelli che si immergono con autorespiratore competono nella categoria Tecnica.
(tratto dal sito apneamagazine linkato nel blog)
Ragazzi, questo sport è veramente eccezionale, e a dirvelo è un pescatore subacqueo con più di dieci anni di attività nelle pinne.....va bene, che con le foto non ci mangia nessuno, però vi assicuro che riuscire a fotografare un bell'esemplare di Orata, Spigola, o Dentice, e parlo di pesci da chilo, se non si possiedono una buona tecnica acquaticità e attenti accorgimenti, come in una vera e propria battuta di pesca, diventa impresa molto ardua....
Le emozioni che si provano davanti alla preda, lì, sott'acqua, le potrete rivivere gurdando il bel pescione, immortalato in tutto il suo splendore, in una bellissima foto.
Immaginate di trovarvi nelle acque del Mar Rosso, dove la pesca è vietata, armati di una buona macchina fotosub, potrete vantarvi con gli amici, (stavolta con prove concrete) una volta tornati a casa, di un carniere (fotocartaceo) di tutto rispetto.

20 ottobre 2005

Climber si diventa...per caso




Cosa spinge due ultra trentenni verso l'arrampicata? Qual'é la molla che li porta a fare 100 km in un giorno festivo, quando se ne potrebbero tranquillamente stare sbracati sulla poltrona di casa, giocando alla PlayStation? Perché si avviano verso la parete anche quando sembra che possa cadere il diluvio? (Vedi foto)
Per rispondere a questo groviglio di domande occorre capire che cos'é l'arrampicata sportiva, averla provata una volta nella vita. La vita della metropoli, o piú in generale della cittá, é sí eccitante ma é anche piena di trabocchetti: lo stress, il traffico, il rumore...é una corsa continua. Uscire una domenica o un sabato e percorrere numerosi km per arrivare ai piedi della parete permette finalmente di staccare la spina dal quotidiano, di sfuggire per qualche ora dalla routine. Il silenzio, sebbene interrotto da qualche urlo del tipo "Bloccaaa!", la solitudine e la tranquillitá di quelle ore non si possono spiegare a parole: bisogna viverle. Ogni momento é una sfida: la prossima presa, un possibile appiglio, un appoggio per il maledetto piede che va dappertutto, visto che sono una sega e se mi esercitassi un pó di piú scalerei senza fatica un 6C. I pensieri che si susseguono numerosi nel silenzio del tuo compagno che ti fa sicura, l'attimo di "resting" per recuperare quel minimo di forza che hai...le braccia sono due mattoni d'acciaio, visto che hai cosí poca tecnica che fai leva solo su quelle...la catena é finalmente lí, la vedi, é il tuo obiettivo, la tua meta...eppure le forze ti iniziano a mancare, perché fai una vita sedentaria, fai pochissimo sport e fumi come una ciminiera...che fai molli? NO...la catena...devi resistere... e quando finalmente arrivi alla meta e miagoli la frase "Blocca" con le poche forze che ti sono rimaste, assicuro chiunque che é valsa la pena sbattersi per 100 e piú km. In quel preciso momento hai appena scaricato tutte le tossine della routine quotidiana ed il ritorno al lavoro, il lunedí, sará una passeggiata di salute.
La tecnica? Non siamo puristi, non ce lo possiamo permettere...in fondo lo faccio perché mi piace passare qualche ora in compagnia del mio amico Tuzzo, all'aria aperta e senza obblighi.
Beh, dopo aver aperto la prima, sotto con la seconda...un pó di orizzontalitá ed é fatta; ma questa é un'altra storia...
Rimane un'ultima domanda: perché stanno ancora in parete al tramonto, cercando un appiglio, una tacca o chissá...un monodito? Perché sono usciti di casa alle 13 e hanno iniziato ad arrampicare alle 16.....
Nella foto Cix alle prese con Mozart - foto ritoccata e si vede

19 ottobre 2005

TIRA FUORI IL RAGNO CHE E' IN TE..





VENT'ANNI fa sembrava un azzardo destinato a fallire, mettere in competizione i praticanti di uno sport che cresceva sicuro ma lento, per misurarne la destrezza e la velocità nel salire su una parete di roccia perlopiù strapiombante. Non fu così, lo testimonia il Rock Master - una Champions Cup dell'arrampicata sportiva - che sabato e domenica, 3 e 4 settembre si tiene ad Arco, due passi dal lago di Garda, con il meglio degli specialisti da tutto il Mondo.
Ha avuto successo l'intuizione di un ex giornalista di Tuttosport, Emanuele Cassarà, e d'un alpinista di fama come Andrea Mellano, primo italiano sulla spaventosa parete nord dell'Eiger: le gare di arrampicata trovarono atleti e pubblico, ma soprattutto diedero slancio a uno sport che cercava ancora la sua fisionomia. Da allora, dal weekend d'inizio luglio del 1985 a Bardonecchia, nulla di quell'universo fu più come prima. Sfumarono subito le ironie di chi dava vita breve a una disciplina importata dalla Russia, dall'Unione Sovietica , dove le gare di velocità sulla roccia, un cavo d'acciaio dall'alto a fare sicurezza, erano tradizione di decenni.
Perplessità comprensibili. D'altra parte la maggioranza degli arrampicatori italiani - ma si chiamavano ancora scalatori, per il grande pubblico, o ancora meglio rocciatori - dieci anni prima non sapeva nemmeno cosa fossero, le scarpette morbide che nel giro di poco sostituiranno poi gli scarponi.
Nel giro di poco il mondo dell'arrampicata divenne un'altra cosa e da quando il Rock Master nacque nel 1986 ad Arco i due itinerari furono sempre più divergenti. Finché, sempre ad Arco, due anni più tardi, la gara non venne organizzata da Angelo Seneci - direttore tecnico fin dalla prima edizione, lo è tuttora - su una struttura artificiale. Fu una nuova rivoluzione.
"Le prime prese - ricorda adesso Seneci - le realizzammo con il Das, cuocendole nel forno di casa e rivestendole in vario modo, dallo zucchero al sale, fino a varie sabbie di quarzo".
Oggi Seneci dirige una delle aziende leader nel mondo per la produzione di pareti artificiali e per il loro allestimento, la Sint Roc & Ecogrips. Monta muri d'arrampicata un po' dappertutto, glieli chiedono le amministrazioni comunali, le scuole, ma anche i privati. È stato questo un altro degli effetti collaterali del Rock Master, forse il più dirompente. La diffusione dei muri d'arrampicata nelle palestre, ha difatto aumento il numero dei praticanti.

Glossarioboulder
masso: ovvero un percorso che non porta in alto, ma è spesso molto più tecnico e difficile, comunque sempre impegnativo.
Arrampicata Sportiva e Free Climbing: la prima si effettua legati, la seconda no. Con la prima si riesce a portare a casa la pelle quasi sempre...
presa: appiglio per le mani
tacca: appiglio
fare sicura: l'assicuratore e' la persona che resta a terra e tiene la corda che serve ad assicurare la salita di chi arrampica. Basta un attimo di distrazione nel momento sbagliato per una disgrazia.
otto, moschettone, rinvio, secchiello, nuts, friends, corda, gri-gri: attrezzatura
arrampicare da prima: la persona che sale su una via portando su la corda (quindi assicurata solo dal basso)
arrampicare da seconda: quando si sale su una via dove qualcuno ha gia' portato su la corda, e quindi c'e' maggiore sicurezza in caso di caduta
scivolataghisare: termine usato per le braccia, quando sono molto stanche e sembrano pesantissime
Per saperne di più : http://www.federclimb.it/

NUOVE VELE PER VOLARE....SU TUTTO!!








E' arrivata in Italia KITEWING, una rivoluzionaria vela da trazione.
A prima vista sembra essere un incrocio tra una vela da windsurf e una vela di deltaplano.
In effetti sfrutta entrambe le caratteristiche per offrire il massimo del divertimento: tenuta come vela da windsurf la vela spinge il pilota sugli sci, snowboard, pattini, roller, mountainboard; una volta in velocità, la vela, posizionata sulla testa come un piccolo delta, comincia a volare e permette di effettuare salti ed evoluzioni incredibili.
La vela, a differenza dei kite, non ha cavi ma è tenuta in mano tramite un boma ed è assicurata al braccio del pilota tramite un leash. Questo conferisce grande manovrabilità alla vela e possibilità di utilizzo senza pericolo anche vicino a piante o abitazioni.Non avendo un albero, la vela è utilizzabile in un range di vento ampissimo: automaticamente tende a posizionarsi in orizzontale con l'aumentare dell'intensità dell'aria in modo che il pilota non risulti mai "soprainvelato"; non è necessario avere più metrature di vela come per i kite ma una è sufficiente dai 7-8 nodi ai 30.La vela viene proposta in due metrature una 3,5m (per ragazzini o donne molto leggere) e l'altra, utilizzata quasi sempre, con metratura da 4,8m. dal punto di vista merceologico viene venduto un modello in DACRON e un modello in MONOFILM.

05 ottobre 2005

MISCHIE SOTT'ACQUA ALL'ULTIMO RESPIRO





La prima cosa che si pensa è che sia uno scherzo, l'ennesima bufala internettiana o il delirio di un insegnante di educazione fisica in pensione. Poi navigando tra le decine di siti dedicati all'Underwater Rugby si scopre che non c'è trucco, né finzione. Esistono squadre, campionati, praticanti e perfino spettatori di questo sport che utilizza come terreno di gioco il fondo di una piscina. Le regole sono semplici e assurde al tempo stesso: si gioca sei contro sei, con maschere, pinne e boccaglio e cambi liberi. La palla non è ovale ma tonda, del diametro di 25 cm ed è riempita di una soluzione salina che tende a farla andare a fondo. La meta si realizza infilando questa palla dentro un canestro posto sul fondo della piscina, profonda dai 3,5 ai 5 metri.

La somiglianza con il rugby è data dal fatto che il portatore di palla può essere attaccato e placcato. Sono vietati solo gli interventi su maschera e tubo, le trattenute per il costume e gli strangolamenti. A sorvegliare che le mischie sottomarine si svolgano regolarmente ci pensano due arbitri, provvisti di bombole di ossigeno, pronti a trasformarsi in bagnini in caso qualche giocatore venisse colpito duramente e rischiasse di affogare. Come succede sulla terraferma nel rugby subacqueo, esistono ruoli e schemi di gioco definiti: due attaccanti, due difensori, un portiere e un ala che prende il suo posto quando l'estremo difensore deve salire in superfice per respirare. Per impedire la marcatura il portiere ha un solo mezzo: quello di sdrairsi sul canestro oppure, anzi meglio ancora, infilarci dentro il proprio sedere. Almeno fino a quando ha aria nei polmoni. Sport anaerobico per eccellenza il rugby subacqueo richiede infatti che il giocatore risalga in superficie ogni 20-30 secondi per respirare. Tra le attrattive di questo sport pare ci sia quella di svolgersi in un ambiente completamente tridimensionale, in una condizione simile alla assenza di gravità. Lo scontro fisico poi non ha quasi mai conseguenze gravi per la immersione in un fluido che frena e ammorbidisce i colpi. Molto popolare in Germania, dove esistono 4 serie con propri campionati, e nei paesi scandinavi, il rugby nella sua versione underwater ha praticanti entusiasti in tutto il mondo. Dal 1997 anche in Italia esiste una squadra di amatori, Firenze 01, che organizza e partecipa a tornei internazionali. Da fine 2001 è sorto un altro team chiamato Roma U.H.R.C. Se mai questo sport dovesse prendere piede e diventare popolare, potrà contare su un grande fuoriclasse, un campione in grado di risolvere da solo le partite: Gianluca Genoni, l'unico uomo al mondo capace di restare sott'acqua per 12 minuti e 34 secondi.
Per saperne di più http://www.firs.it/

UNA LUCIDA FOLLIA

Sassolungo "forcella del Sella"








Dalla pista "nera" al fuori pista, dal fuori pista allo sci ripido (pendenze fino a 50°) e poi l'ultimo passo: lo sci estremo. Il confine si sposta più avanti, la sfida diventa più emozionante, ma c'è uno spiacevole corollario. Ad ogni passaggio i rischi aumentano, il margine di errore si restringe, fino alla condizione in cui vige una logica trasparente e brutale: se cadi sei morto.
Lo sci estremo nasce negli anni '70 come una nuova frontiera dell'alpinismo: scendere con gli sci lungo pareti e couloir risaliti prima con piccozze e ramponi. Le imprese di Tony Valeruz, Jean-Marc Boivin e altri fortissimi alpinisti-sciatori fecero grande senzazione e hanno ancora oggi dell'incredibile: la parete Est del Cervino, il versante della Brenva del Monte Bianco, la paret nord del Lyskaam (800 metri di dislivello, inclinazione costante di 55°, percorsa da Valeruz in tre minuti), per poi passare agli ottomila himalayani (prima discesa dell'Everest compiuta da Hans Kammerlander nel 1996).
Oggi di sci estremo si sente molto parlare, ma i praticanti sono sempre pochi. Ed è bene che sia così. Non esistono sistemi di assicurazione, non puoi tornare indietro, ogni curva può essere l'ultima della tua vita e al rischio di cadere si aggiunge quello di finire travolto da una valanga.Il pericolo però ha una speciale forza magnetica, anche per chi si limita a guardare queste performances.
Negli Usa si sono inventati un campionato mondiale di sci estremo, meno interessata al significato alpinistico e più al gioco, all'acrobazia e allo spettacolo, con tanto di classifica e giuria. Ovviamente il pendio non è poi così ripido, la neve è buona, i soccorsi pronti a intervenire, ma un salto di dieci metri sopra le rocce non è una cosa alla portata di tutti.
Ci si fa portare dall'elicottero in cima alla montagna e poi giù tra sbuffi di polvere, salti e funambolismi vari. Questa versione soft dello sci estremo (da molti chiamato freeskiing o freeride), ha generato una massa di video (spesso autoprodotti), ovviamente molto accattivanti, e spettacolari.
Se li guardate, non fatevi venire strane idee.
Era il lontano Febbraio 88 quando con parte del gruppo anacapitoanacaponzio, ci trovavamo a trascorrere una tra le più belle settimane bianche dei nostri 17/18 anni. Eravamo a Canazei.dopo alcuni giorni di giri intorno al Sella, e con la forcella del Pordoi archiviata con successo, decidemmo di sfidare la più pericolosa tra le forcelle, quella del Sella.A valle eravamo in molti, ma solo in quattro decidemmo (con l'incoscenza degli anni) di salire.Arrivati in cima, il Mezzi ci manicotta e torna giù, mesto nel bidoncino giallo, mentre io il Jhona, ed il Bellay, dopo i vari commenti:"cazzo se è ripida, cazzo se è stretta, cazzo le rocce...", decidiamo che non si può tornare indietro.....Rigà stingiamo gli attacchi se nò so cazzi!! le mie ultime parole famose...Jhona, perso uno sci, tenta invano di fare qualcosa, ma purtroppo perde l'appiglio e comincia a cadere verso valle ad una velocità impressionante, lisciando le reti di protezione, e rimbalzando tra le gobbe sfiorando per sua fortuna le rocce.....intanto io vengo giù...spigolando, con notevole timore ( con in braccio uno sci del jhona ed un'altro di un francese che si era per sua fortuna, aggrovigliato nella rete), ma rassicurato comunque dal segnale di vita del jhona a valle, ad un certo punto (e questa immagine mi è rimasta impressa nella mente come una foto), mi volto e vedo il bellay che rimbalza in ginocchio tra le gobbe...anche lui stava cadendo, ma fortunatamente lontano dalle rocce.......fino a fermarsi, dopo aver percorso gli ultimi 20/30 metri a pelle d'orso....
In fondo, raggiunto il gruppo che ci stava aspettando i primi commenti: voi siete matti, il Jhon a momenti ci lascia le piume....ci racconta il mezzi, che dall'alto della bidonvia(mentre tornava giù), ha visto la caduta del Jhon (in un primo momento divertito, poi, però preoccupato), oltre a sfiorare le rocce, è precipitato per più di 350 metri, rimbalzando come un burattino inanimato....
Vi ricordate il jhon cosa mi chiese prima di riprendere la sciata ?: "mi sono perso il braccialetto di (un misero laccetto di gomma) Nicoletta la sua allora ragazza....non è che ti andrebbe di rifarla e cercarmelo ?....Stava bene fisicamente, ma evidentemente la testa l'aveva battuta forte...!

A pensarci bene l'incoscenza dei tempi, aveva pesato molto sulla decisione di affrontare quella discesa, e anche il fatto (per me), di essere consapevole delle mie buone capacità.
Quello che non avevamo considerato, invece, era che per affrontare tale discesa, non bastavano le capacità "buone" o presunte tali, ma bisognava avere l'attrezzatura giusta, e una bella dose di fortuna.
La prima a pensarci bene, non l'avevamo, la seconda, ringraziando Dio l'abbiamo avuta.

27 settembre 2005

TIRO A SEGNO SUBACQUEO






Il tiro a bersaglio subacqueo, dalle sue recenti origini ad ora, ha visto modificare radicalmente i regolamenti in funzione delle necessità dei praticanti e del livello tecnico della disciplina.
Il tiro al bersaglio subacqueo nasce per “compensare” la lontananza dal mare e surrogare, soprattutto nelle stagioni più fredde, le emozioni regalate dalla cattura dei pesci.
Per questo motivo, agli albori gli atleti dovevano colpire al volo una sagoma in movimento che, guardacaso, ricordava la forma di un pesce. In seguito si è passati ai tiri multipli che i concorrenti dovevano effettuare, magari nella stessa apnea, utilizzando la stessa serie di aste di diverso diametro, lunghezza e peso -talvolta non perfettamente dritte- messa a disposizione dell'organizzazione, fino ad arrivare all' affascinante tiro tecnico di precisione, fatto con i fuciloni “spaziali” iper-presonalizzati, frutto di elaborazioni degne dei migliori ingegneri, che ha avuto però il grosso limite di escludere dalle competizioni quanti non erano in grado di realizzare questi capolavori balistici.
E' da questo limite che ha preso le mosse l' ultima rivoluzione del regolamento, che ha fatto scomparire il tiro tecnico di precisione da 4 metri di distanza, relegandolo alla finale del Campionato Italiano in veste di mera competizione “dimostrativa”, per lasciare il posto al “tiro libero” da 3 metri con fucile di serie, decisamente più alla portata di chi intende accostarsi alla disciplina senza dover sostenere un “Master” in “balistica delle armi subacquee”.
Dal punto di vista tecnico, è più che mai giusto mantenere in vita la specialità del tiro di precisione, in quanto risulta sempre spettacolare per l' elevato livello che permette di raggiungere. Si pensi che bisogna riuscire a centrare un bersaglio di pochi centimetri di diametro posto a 4 metri dalla punta del fucile e circa a 6 dall’occhio del tiratore.
Nel lavoro incessante di “ottimizzazione” dei regolamenti federali volto a far progredire una disciplina sportiva, si è infatti escluso anche il Biathlon di tiro subacqueo, che risulta certamente la disciplina del tiro che più di tutte unisce l'aspetto atletico a quello propriamente tecnico.

Nel Biathlon, l'atleta deve percorrere in apnea un percorso di 10 metri per raggiungere la linea di tiro, caricare il fucile, tirare ad uno dei cinque bersagli (non conta il punteggio, purché il tiro sia nel bersaglio) e tornare sempre in apnea alla linea di partenza, dove deve ventilarsi per ripartire di nuovo, fino ad aver effettuato 5 tiri. Questo gesto va eseguito nel minor tempo possibile, fatto che spiega come mai questa disciplina possa essere praticata con successo solo da atleti bene allenati ed in possesso di un livello tecnico piuttosto elevato.
Un altro aspetto negativo che ha portato alla drastica diminuzione di partecipanti è l’errata convinzione di molti pescatori in apnea che il Tiro Sub sia una disciplina da “pensionati” o da pescatori modesti. Basterebbe provare una volta a tirare contro un bersaglio per capire quanto sia difficile mettere più tiri anche solo nel bersaglio e quanto ciascuno di noi abbia da imparare sull'assetto del fucile da pesca e sulla sua precisione, elementi decisivi per avere successo con la stragrande maggioranza delle prede incontrate nelle battute abituali. Per fortuna, però, tra gli atleti che praticano assiduamente il tiro a bersaglio subacqueo vi sono diversi pescatori in apnea di ottimo livello, fatto che inevitabilmente smentisce certi luoghi comuni.
Ricordo i consigli di un amico pescatore Gianni, che mi disse : in mare allenati legando al pallone una sagona di compensato di circa dieci centimetri di lato, piombata a mezz'acqua, fallo quando il mare è mosso, quando riuscirai a centrarla da tre metri, avrai imparato a tirare al volo.
Consilglio messo in pratica, e che in molte pescate ha dato i suoi frutti, soprattutto su palamite e tonnetti.

22 settembre 2005

UN VOLO CON LA VELA






Chi non ha mai sognato di poter volare?

Il parapendio è senza alcun dubbio l'apparecchio più leggero che esista: in una sacca dal peso massimo di 8-10 Kg trova posto tutto ciò che serve per osservare il mondo dall'alto: ala, imbrago, strumenti e casco (più l'eventuale paracadute d'emergenza).

Un volo in tandem con un parapendio vi permete di immergervi in un altro mondo.
Fidatevi totalmente dell'esperienza del vostro istruttore che vi accompagnerà e penserà a tutto.
Vi potrete tranquillamente godere il volo e avrete anche le mani libere per filmare o scattare fotografiee, lascitevi prendere da un sentimento di assoluta libertà.
Non c'è bisogno di essere eruditi in materia e nemmeno di essere uno spericolato degli sport per prendere il volo, non vi sono limitazioni particolari, l'essenziale è di essere in buono stato di salute psico-fisico.
Può essere un idea per un regalo straordinario.
Dove imparare a volare:

[Castelluccio di Norcia] Corsi base e avanzati di parapendio, deltaplano, paramotore, trike. Voli in biposto. http://www.flycastelluccioadventure.it/

[Artena, RM] Corsi di parapendio per principianti, per esperti e di doppio. News, meteo, foto, Faq. http://www.parapendio.it/

[Loreto A., PE] Corsi di volo in Abruzzo. Parapendio, Deltaplano, Paramotore, Paracarrello, Deltamotore, ULM 3. http://www.volandia.com%20/

20 settembre 2005

CONOSCETE IL PARKOUR ?




COS'E' IL PARKOUR Il Parkour è l'arte di sapersi spostare.Il principale obiettivo di questa disiplina è quello di raggiungere la padronanza del corpo e della mente per superare gli ostacoli che ci circondano.
I praticanti del parkour, chiamati "traceurs" ovvero "creatori di percorsi", aspirano a superare in modo creativo, fluido, atletico ed esteticamente valido le barriere naturali o artificiali che si trovano sulla loro strada. Per riuscirci utilizzano corse, salti, volteggi, cadute e arrampicate.Ma il parkour non è solamente un puro esercizio fisico, perché il confronto con gli ostacoli materiali spinge il traceur alla scoperta dei suoi limiti e quindi del suo essere all'interno dell'ambiente che lo circonda. Affrontando la paura spesso ci si accorge che le nostre potenzialità vanno oltre i confini che diamo per scontati.Per questo il parkour è sia uno sport che una filosofia di vita quotidiana.Il padre riconosciuto di questa disciplina è il francese David Belle che verso la fine degli anni '80 iniziò a praticare in un ambiente urbano (precisamente a Lisse, un sobborgo di Parigi) le tecniche apprese giocando da bambino nei boschi della campagna francese.Da allora questo sport ha fatto proseliti nel mondo, soprattutto in Francia e Inghilterra.Parkour.it nasce per essere il portale italiano di riferimento per questo sport.
per saperne di più....visitate il sito

www.parkour.it