20 novembre 2006

L'AUGURI DE NATALO

Ecchime a giro puro st'anno, l'auguri a favve sempre rimando.

Come lo scorso, su sto diario, v'abbraccio tutti, pure a Mario!

Mo direte: "che cojoni, nataletto e stì sermoni."
"Co ste rime n'artra vorta, ma sa finisce cò stà sorta?"

Lo sapete sò du righe, messe lì senza fatiche, senza pensà, de getto e a filo, pè strappavve un ber soriso.

Si donca l'auguroni quì ve fò, da Loreto in dove stò.

Ve li fà puro con furore, il nostro pischello imperatore!



P.S. Avete sentuto suppongo lo nome de Groppone da Ficulle

16 novembre 2006

SALTARE CON LA BICI ?






La storia della BMX

Il BMX (abbreviazione di Bicycle Motocross), nasce in California nel 1969 quando un gruppo di ragazzini provarono ad imitare i loro eroi del motocross, il successo di quella idea fu tanto immediato che già dai primi anni settanta si organizzarono le prime gare su sterrato. Cominciò così una fulminea ascesa per questo sport che univa ad un divertimento enorme, anche una completezza, nel gesto atletico, paragonabile forse solo al nuoto. Ovviamente tutti i genitori videro di buon occhio questi aspetti ed alle gare si contavano centinaia di ragazzini un po' in tutti gli stati americani, alla fine degli anni settanta già esistevano due federazioni che gestivano solamente le gare di BMX con categorie riservate alle diverse età fino alla classe PRO, nella quale si davano battaglia tutti quei riders che già avevano maturato anni di esperienza nelle categorie AMATEUR e, verso i 18 anni potevano, dopo durissime selezioni, passare professionisti e cominciare a guadagnarsi da vivere. Verso l'inizio degli anni ottanta alcuni di questi PRO, cominciarono a pensare ad usare la loro bici in maniera acrobatica per acquisire più tecnica e naturalezza in gara, l'idea di base era questa: se riusciamo a spostare in volo la nostra bici sui salti più lunghi, possiamo cogliere gli altri riders di sorpresa e abbiamo più possibilità di andare a vincere (un buon PRO guadagnava già allora anche 6/8.000 dollari ogni gara). Si cominciò così a costruire le prime rampe dette comunemente Quarterpipe (quarto di tubo) dove i nuovi Freestyler impararono presto le prime evoluzioni aeree, quelli che contribuirono in maniera determinante allo sviluppo di questa disciplina furono Bob Haro, Bob Morales, Mike Buff e Hugo Gonzales che presto abbandonarono le gare su terra per dedicarsi totalmente al Freestyle. Furono subito anni di grande espansione mondiale per il BMX ed il Freestyle, un po' in tutte le nazioni, Italia compresa, si organizzavano gare e campionati ed i Freestylers venivano chiamati in occasione degli eventi più disparati per stupire la gente con la loro maestria, incamerando anche una notevolissima quantità di denaro. Il Freestyle negli anni ottanta veniva interpretato in due discipline il Quarterpipe ed il Flatland. Nelle rampe Quarterpipes si raggiunsero presto delle altezze ragguardevoli nei salti unite a delle evoluzioni aeree che non mancavano mai di stupire il pubblico, il quarterpipe era l'antesignano del moderno Vert o Halfpipe (mezzo tubo), la famosa rampa a mezzaluna dove oggi si sfidano anche gli Skaters ed i Pattinatori. Il Flatland era la disciplina praticata senza l'ausilio di rampe e consisteva nell'eseguire manovre acrobatiche che, a quel tempo erano già basate su un enorme equilibrio, ma con figure piuttosto statiche. Uno degli innovatori del Flat, come viene più comunemente chiamato oggi, è stato Dave Vanderspek, tragicamente morto per overdose nel 1989, Dave inventò quello che passò alla storia con il nome di Vander Roll, in pratica era una capriola sulla schiena fatta insieme alla bici, questo trick segno l'inizio di una nuova fase in cui si sperimentarono manovre più basate sul movimento e sull'equilibrio dinamico anziché statico. Alla fine degli anni ottanta il freestyle era già una realtàestremamente diffusa in tutto il mondo ed i nomi di rider ormai leggendari come Eddie Fiola, Josh White, Woody Itson, R.L. Osborn o Martin Aparijo divennero famosi un po' in tutto il mondo e viaggiarono da una parte all'altra del globo inviati dagli sponsor in veri e propri tour mondiali in cui si macinavano centinaia di dimostrazioni negli eventi più disparati. I primi anni novanta furono anni di buio per il Freestyle ed il BMX in generale, il grosso scoglio da superare infatti, è sempre stato quello della estrema abilità tecnica di cui bisognava appropriarsi prima di raccogliere qualche soddisfazione, unitamente poi alla venuta del fenomeno Mountain Bike, sport molto più approcciabile dalle masse e dalle notevoli potenzialità in termini di ritorno economico per le ditte costruttrici. Ovviamente in quel periodo di assestamento rimasero solo i rider più estremisti che continuarono a lavorare nell'ombra spingendo il limite tecnico a dei livelli ancor più inimmaginabili ed espandendo le possibilità di utilizzo delle bici da Freestyle


tratto dal sito Wup-bmx

10 novembre 2006

CAVALCANDO L'ONDA CON LA TAVOLA...





IL SURF....e la sua storia

Non si sa con certezza quando i Polinesiani iniziarono a praticare questo sport, ma alcuni canti Hawaiiani risalenti al quindicesimo secolo trattano di surf e dimostrano che già allora si tenevano perfino delle competizioni, durante le quali si sfidavano Re e capi di alto rango sociale. Le scommesse erano un forte incentivo per la pratica dello sport e quando le onde raggiungevano dimensioni impressionanti le scommesse riguardavano perfino proprietà personali e veniva messo in gioco orgoglio ed onore dei partecipanti.
Il primo Europeo che osservò e descrisse questo sport fu James Cook, che nel dicembre 1777 vide un indigeno di Tahiti farsi trasportare da un’onda su una canoa; nel suo diario di bordo Cook scrisse: "Mentre osservavo quell'indigeno penetrare su una piccola canoa le lunghe onde a largo di Matavai Point, non potevo fare a meno di concludere che quell'uomo provasse la più sublime delle emozioni nel sentirsi trascinare con tale velocità dal mare". L'anno successivo, approdando ad Hawaii, Cook vide finalmente degli uomini scivolare sull'acqua in piedi su lunghissime tavole di Koa lunghe cinque metri e mezzo e pesanti settanta chili.
Gli Ali'i (i Re hawaiiani) sostenevano di essere i più abili e competenti nella pratica del surf, che stabiliva una sorta di privilegio nelle antiche Hawaii perché fortemente riservato a loro. Le persone comuni che surfavano godevano di speciali privilegi nelle cerchie reali e guadagnavano lo status di "capi" in base alla loro abilità e resistenza fisica.
Il surf serviva come addestramento agli Ali’i per mantenere la forma fisica richiesta per la loro posizione sociale. I Re avevano shapers e spiagge personali in cui surfavano soltanto con altri della stessa classe sociale e nessuno osava entrare in acqua con loro.
La costruzione delle tavole veniva sempre accompagnata da una certa cerimonialità: dopo aver scelto l'albero giusto, ad esempio, prima del taglio veniva offerto alla terra un pesce in segno di riconoscimento, quindi il tronco veniva accuratamente liberato dei rami e sagomato con il solo aiuto di strumenti naturali fatti di pietra e ossa. Il tronco veniva successivamente trasportato nel riparo dove venivano custodite le canoe, dove avveniva il vero e proprio lavoro di sagomatura e finitura della tavola. In questa fase venivano usati il corallo che si trovava sulle spiagge ed una pietra ruvida chiamata 'oahi, grazie ai quali le superfici delle tavole venivano perfettamente levigate. La finitura avveniva spalmando la tavola con la stessa sostanza scura con cui venivano laccate le canoe, fatta con la cenere, il succo di una pianta grassa, il succo della parte interna di una radice e il succo dei germogli di banano. Uno strato di olio tratto dalle noci di kukui dava alla fine una perfetta impermeabilità alla tavola.
L’importanza dello spirito del surf subì un certo declino durante il diciannovesimo secolo, in parte perché i missionari cristiani ne scoraggiarono la pratica ritenendolo una distrazione nociva, in parte perchè alle Hawaii nel 1819 - contemporaneamente alla fine del sistema sociale Kapu - venne interrotto il Makahiki, una festa annuale della durata di 3 mesi (da metà ottobre a metà gennaio) dove all'arrivo delle grandi onde invernali gli hawaiiani fermavano ogni lavoro ed altra attività ed iniziavano a vivere un periodo di grande festa con musica, danze, canti e tornei di tutti gli sport hawaiiani incluso il surf. Oggi questa festa viene ricordata con la celebrazione della "settimana Aloha".
Tale declino fu determinato inoltre dalle restrizioni della nuova religione, dalla stessa attrazione degli hawaiiani per le nuove culture con cui entravano in contatto, dal sempre minor tempo libero dovuto ai nuovi sistemi lavorativi, ma soprattutto dall'arrivo, con i colonizzatori, di malattie prima sconosciute sulle isole ed alle quali gli indigeni non erano preparati, e che purtroppo decimarono la popolazione.
Verso la fine del diciannovesimo secolo il surf ebbe una leggera e breve ripresa durante il regno del Re Kalakaua (1874-1891), il quale si battè per recuperare tutto ciò che caratterizzava l'antica cultura hawaiiana, incoraggiandone ogni forma d'espressione quali la danza hula, i canti e tutti gli sport. A questo periodo, precisamente al 1885, risale il "battesimo" del surf sulla costa americana, dove alcuni Hawaiiani che frequentavano una scuola militare a San Mateo, in California, si costruirono delle tavole di sequoia e surfarono le onde alla foce del fiume San Lorenzo davanti ad un pubblico meravigliato ed affascinato dalla loro abilità, che fece scoccare la passione per questo sport anche sul continente.
All’inizio del ventesimo secolo il punto d’incontro per la poca gente che ancora praticava il surf era la zona di Waikiki, sull’isola di Oahu, dove un gruppo di americani aveva fondato l’Outrigger Canoe and Surfing Club ed un gruppo di surfisti Hawaiiani, tra cui Duke Kahanamoku, aveva fondato l’Hui Nalu Surfing Club. Allora l’unico hotel esistente a Waikiki era il Moana Surfrider, immerso nel verde delle palme e dei banani.
Alla fine degli anni venti le Hawaii iniziarono ad essere frequentate dai pochi turisti che potevano permettersi il viaggio. In quel periodo Rabbit Kekay segnò un passo storico per il surf, inventando un nuovo stile chiamato "hot dogging": dopo aver imparato su pesantissime tavole di legno lunghe cinque metri, iniziò ad usare tavole di koa lunghe poco meno di due metri, simmetriche in nose e tail, con un profondo vee nella parte posteriore. Con quelle si riusciva ad effettuare manovre più strette e si poteva finalmente seguire la parete dell’onda. Osservando il suo stile, il resto dei surfisti imparò ad effettuare il bottom turn e a manovrare più agilmente anche le tavole lunghe.
Negli anni trenta gente proveniente da tutte le parti del mondo si recava a Waikiki, dove i beach boys erano diventati famosi per la pratica del surf, della canoa hawaiiana a bilanciere, e la musica. Fino ad allora, per tanti secoli, gli Hawaiiani avevano conservato il surf per loro stessi e soltanto grazie all’avvento del turismo su quest’isola, il mondo poteva conoscere le meraviglie ed il fascino del surf.
Con gli anni quaranta e la seconda guerra mondiale il surf subì un nuovo colpo dolente. Con l'ingresso degli Stati Uniti nella guerra le Hawaii furono sottoposte alla legge marziale e le spiagge hawaiiane furono invase da milizie e disseminate di filo spinato.
Passati questi anni grigi venne l’epoca dorata del surf moderno, che gli americani ricordano come i favolosi anni cinquanta. Grazie alla prosperità del dopoguerra ed al grande passaparola effettuato dai militari che in qualche modo erano passati alle Hawaii, i surfisti invasero onde e spiagge come mai prima. La prima gara internazionale di surf a Makaha, che fu vinta da Rabbit Kekai con una tavola di balsa monopinna fatta da Matt Kivlin, si tenne nel 1956 ed è diventata una tra le manifestazioni internazionali di surf più importanti del mondo. Gran parte dei criteri e delle tecniche di gara del longboard moderno trae origine proprio da questo famoso evento.
L'arte del surf ebbe un fiorente periodo negli anni sessanta, quando furono prodotti decine di film sul surf. Il più famoso fu "The Endless Summer", che generò e diffuse un’immagine molto positiva di questo sport. Tra gli altri, "Blue Hawaii", con Elvis Presley, "Ride the Wild Surf", "The Golden Breed", "Gidget Goes Hawaiian", "The Fantastic Plastic Machine", "For Those Who Think Young", "Ride The Wild Surf", "The Big Surf" e molti altri. La popolarità del Surf in questo momento in tutto il mondo era in continua espansione, così come la risonanza che avevano i surf contest. La prima rivista stampata di surf, "Surfing Magazine", fu fondata proprio nel 1960. Camicette hawaiiane e gruppi musicali surf (come Beach Boys, Surfaris, Ventures, ecc.) erano molto popolari e ad Huntington Beach, California, fu svolto il primo surf contest della storia degli Stati Uniti e finalmente, durante gli anni settanta, il surf veniva considerato oltre che uno sport, uno stile di vita.
Oggi il surf è praticato in oltre 500 paesi del mondo e da persone di ogni età, da uomini e donne. Il surf è lo sport che ha sparso gente nei mari e negli oceani di tutto il mondo durante i secoli perché nessuna sensazione può essere paragonata a quella che si prova scivolando sull’acqua spinti solo dal movimento di una lunga parete liquida.

LE REGOLE DEL SURF
In acqua, per non avere problemi né con gli altri, né con se stessi, vi sono alcune cose e alcune regole da sapere.
Quando vai a surfare, specie in un nuovo sport, non ti buttare subito in acqua, aspetta, fermati fuori, osserva la situazione, osserva come entrano ed escono dall’acqua gli altri surfisti, osserva come sono le onde, la loro velocità, l’altezza, e se possibile chiedi informazioni a persone della zona. A questo punto valuta in base alle tue capacità. Quindi se dopo aver valutato tutte queste cose, ti senti pronto, non esitare, entra. Quando arrivi alla line up, tenta di acquisire familiarità con i surfisti locali, vedendo che tipi sono e magari scambiando due chiacchere se vedi che sono tipi disponibili. Non ti buttare sulla prima onda che capita, aspetta il tuo turno con calma, lasciando che loro prendano le onde e capiscano che li rispetti, dopotutto loro surfano lì da prima di te. In questo modo sarai a tua volta rispettato e sicuramente ben accetto.
Se lo spot e' impegnativo e non sei abbastanza esperto cerca un posto più tranquillo in modo da non rischiare senza motivo di farti male.
Quando sei nuovo, appena arrivi, dai quindi sempre precedenza.In generale, esiste però una regola di precedenza:ovvero il surfista che parte più vicino al picco ha la precedenza. Questa e' la regola fondamentale, dunque non remare quando il surfista in precedenza ha preso l'onda e la sta surfando. Questo significherebbe droppare. Quindi guarda sempre, prima di remare su un'onda, se dalla parte del picco qualcuno sta già surfando o sta partendo sulla stessa onda. In questo caso smetti immediatamente di remare o esci dall'onda, non solo per una questione di correttezza, ma anche perché ci si potrebbe far male. Se qualcuno ti droppa volontariamente, puoi farglielo notare, ma è sempre meglio mantenere la calma.
Chi surfa ha la precedenza su chi rema per tornare sulla line up. Se stai tornando fuori fai un giro largo passando lateralmente rispetto ai surfisti. Non remate dritti in mezzo alla folla di surfisti, questo potrebbe risultare pericoloso. Se proprio vi trovate in quella zona e non potete farne a meno, allora tentate di passare il più possibile vicino alla parte della schiuma, dove l'onda ha gia' rotto lasciando la parte pulita al surfista che la cavalca.

LA SICUREZZA IN ACQUA:
Prima di entrare in acqua controlla che la tua attrezzatura sia in buono stato: il leash, la tavola, la paraffina, ed eventualmente la muta e gli altri accessori.Controlla anche la tua forma fisica, devi avere una discreta resistenza, i muscoli bene allenati e senza problemi, i polmoni discretamente allenati e verifica le tue capacità di surfista prima di entrare in uno sport impegnativo.
Quando sei in acqua tieni d’occhio quelli meno bravi di te, se ti stanno vicino, per esempio se stai effettuando il take off e davanti a te c'e' qualcuno in difficoltà non prendere quell'onda rischiando di piombargli addosso, ce ne saranno altre di onde. Se c’è qualcuno in difficoltà, non stare in acqua a surfare le tue onde fregandotene, ma esci e vai a chiamare dei soccorsi. Non decidere di aiutarlo di persona (a meno che tu non sia una persona preparata al salvataggio) rischieresti di finire tu stesso assieme a lui nella situazione di pericolo.
Ricordati della tavola, quando è possibile tienila sempre sotto controllo, ricorda che la punta della tavola e le pinne possono risultare pericolose e taglienti, e la stessa tavola è un oggetto pesante. Allo stesso modo se vieni centrifugato da un'onda cerca sempre di ripararti la testa. Quando cadi tenta sempre di attraversare l’onda, e mai di finire contro l’onda stessa, che altrimenti ti frulla e ti sbatte contro il fondale.Se vieni frullato, pensa solo a coprire la testa, e rilassa il resto del corpo, facendoti trascinare dall’onda, e nuota verso la superficie solo quando senti che l’onda non tira più. Infatti nuotare mentre l’onda ti trascina, è inutile, e ti fa solo sprecare ossigeno.
Se rimani rapito da una corrente rema in maniera parallela alla riva finché non raggiungi un luogo sicuro e senza corrente, ma non nuotare contro corrente, o sprechi energie rimanendo sempre nello stesso punto.
Non andare mai da soli in acqua, specie se ci sono condizioni pericolose, o se siete neofiti di questo sport.
Tratto dal sito surfproject

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