28 dicembre 2006

LE FOTO DELLA SETTIMANA


Dopo alcuni anni, eccoci quà di nuovo insieme, davanti ad una tavola, con qualche pargolo in più e molti capelli in meno....
Aspettandovi tutti in quel di Natalonia....visitate il resto della galleria cliccando QUA'

20 novembre 2006

L'AUGURI DE NATALO

Ecchime a giro puro st'anno, l'auguri a favve sempre rimando.

Come lo scorso, su sto diario, v'abbraccio tutti, pure a Mario!

Mo direte: "che cojoni, nataletto e stì sermoni."
"Co ste rime n'artra vorta, ma sa finisce cò stà sorta?"

Lo sapete sò du righe, messe lì senza fatiche, senza pensà, de getto e a filo, pè strappavve un ber soriso.

Si donca l'auguroni quì ve fò, da Loreto in dove stò.

Ve li fà puro con furore, il nostro pischello imperatore!



P.S. Avete sentuto suppongo lo nome de Groppone da Ficulle

16 novembre 2006

SALTARE CON LA BICI ?






La storia della BMX

Il BMX (abbreviazione di Bicycle Motocross), nasce in California nel 1969 quando un gruppo di ragazzini provarono ad imitare i loro eroi del motocross, il successo di quella idea fu tanto immediato che già dai primi anni settanta si organizzarono le prime gare su sterrato. Cominciò così una fulminea ascesa per questo sport che univa ad un divertimento enorme, anche una completezza, nel gesto atletico, paragonabile forse solo al nuoto. Ovviamente tutti i genitori videro di buon occhio questi aspetti ed alle gare si contavano centinaia di ragazzini un po' in tutti gli stati americani, alla fine degli anni settanta già esistevano due federazioni che gestivano solamente le gare di BMX con categorie riservate alle diverse età fino alla classe PRO, nella quale si davano battaglia tutti quei riders che già avevano maturato anni di esperienza nelle categorie AMATEUR e, verso i 18 anni potevano, dopo durissime selezioni, passare professionisti e cominciare a guadagnarsi da vivere. Verso l'inizio degli anni ottanta alcuni di questi PRO, cominciarono a pensare ad usare la loro bici in maniera acrobatica per acquisire più tecnica e naturalezza in gara, l'idea di base era questa: se riusciamo a spostare in volo la nostra bici sui salti più lunghi, possiamo cogliere gli altri riders di sorpresa e abbiamo più possibilità di andare a vincere (un buon PRO guadagnava già allora anche 6/8.000 dollari ogni gara). Si cominciò così a costruire le prime rampe dette comunemente Quarterpipe (quarto di tubo) dove i nuovi Freestyler impararono presto le prime evoluzioni aeree, quelli che contribuirono in maniera determinante allo sviluppo di questa disciplina furono Bob Haro, Bob Morales, Mike Buff e Hugo Gonzales che presto abbandonarono le gare su terra per dedicarsi totalmente al Freestyle. Furono subito anni di grande espansione mondiale per il BMX ed il Freestyle, un po' in tutte le nazioni, Italia compresa, si organizzavano gare e campionati ed i Freestylers venivano chiamati in occasione degli eventi più disparati per stupire la gente con la loro maestria, incamerando anche una notevolissima quantità di denaro. Il Freestyle negli anni ottanta veniva interpretato in due discipline il Quarterpipe ed il Flatland. Nelle rampe Quarterpipes si raggiunsero presto delle altezze ragguardevoli nei salti unite a delle evoluzioni aeree che non mancavano mai di stupire il pubblico, il quarterpipe era l'antesignano del moderno Vert o Halfpipe (mezzo tubo), la famosa rampa a mezzaluna dove oggi si sfidano anche gli Skaters ed i Pattinatori. Il Flatland era la disciplina praticata senza l'ausilio di rampe e consisteva nell'eseguire manovre acrobatiche che, a quel tempo erano già basate su un enorme equilibrio, ma con figure piuttosto statiche. Uno degli innovatori del Flat, come viene più comunemente chiamato oggi, è stato Dave Vanderspek, tragicamente morto per overdose nel 1989, Dave inventò quello che passò alla storia con il nome di Vander Roll, in pratica era una capriola sulla schiena fatta insieme alla bici, questo trick segno l'inizio di una nuova fase in cui si sperimentarono manovre più basate sul movimento e sull'equilibrio dinamico anziché statico. Alla fine degli anni ottanta il freestyle era già una realtàestremamente diffusa in tutto il mondo ed i nomi di rider ormai leggendari come Eddie Fiola, Josh White, Woody Itson, R.L. Osborn o Martin Aparijo divennero famosi un po' in tutto il mondo e viaggiarono da una parte all'altra del globo inviati dagli sponsor in veri e propri tour mondiali in cui si macinavano centinaia di dimostrazioni negli eventi più disparati. I primi anni novanta furono anni di buio per il Freestyle ed il BMX in generale, il grosso scoglio da superare infatti, è sempre stato quello della estrema abilità tecnica di cui bisognava appropriarsi prima di raccogliere qualche soddisfazione, unitamente poi alla venuta del fenomeno Mountain Bike, sport molto più approcciabile dalle masse e dalle notevoli potenzialità in termini di ritorno economico per le ditte costruttrici. Ovviamente in quel periodo di assestamento rimasero solo i rider più estremisti che continuarono a lavorare nell'ombra spingendo il limite tecnico a dei livelli ancor più inimmaginabili ed espandendo le possibilità di utilizzo delle bici da Freestyle


tratto dal sito Wup-bmx

10 novembre 2006

CAVALCANDO L'ONDA CON LA TAVOLA...





IL SURF....e la sua storia

Non si sa con certezza quando i Polinesiani iniziarono a praticare questo sport, ma alcuni canti Hawaiiani risalenti al quindicesimo secolo trattano di surf e dimostrano che già allora si tenevano perfino delle competizioni, durante le quali si sfidavano Re e capi di alto rango sociale. Le scommesse erano un forte incentivo per la pratica dello sport e quando le onde raggiungevano dimensioni impressionanti le scommesse riguardavano perfino proprietà personali e veniva messo in gioco orgoglio ed onore dei partecipanti.
Il primo Europeo che osservò e descrisse questo sport fu James Cook, che nel dicembre 1777 vide un indigeno di Tahiti farsi trasportare da un’onda su una canoa; nel suo diario di bordo Cook scrisse: "Mentre osservavo quell'indigeno penetrare su una piccola canoa le lunghe onde a largo di Matavai Point, non potevo fare a meno di concludere che quell'uomo provasse la più sublime delle emozioni nel sentirsi trascinare con tale velocità dal mare". L'anno successivo, approdando ad Hawaii, Cook vide finalmente degli uomini scivolare sull'acqua in piedi su lunghissime tavole di Koa lunghe cinque metri e mezzo e pesanti settanta chili.
Gli Ali'i (i Re hawaiiani) sostenevano di essere i più abili e competenti nella pratica del surf, che stabiliva una sorta di privilegio nelle antiche Hawaii perché fortemente riservato a loro. Le persone comuni che surfavano godevano di speciali privilegi nelle cerchie reali e guadagnavano lo status di "capi" in base alla loro abilità e resistenza fisica.
Il surf serviva come addestramento agli Ali’i per mantenere la forma fisica richiesta per la loro posizione sociale. I Re avevano shapers e spiagge personali in cui surfavano soltanto con altri della stessa classe sociale e nessuno osava entrare in acqua con loro.
La costruzione delle tavole veniva sempre accompagnata da una certa cerimonialità: dopo aver scelto l'albero giusto, ad esempio, prima del taglio veniva offerto alla terra un pesce in segno di riconoscimento, quindi il tronco veniva accuratamente liberato dei rami e sagomato con il solo aiuto di strumenti naturali fatti di pietra e ossa. Il tronco veniva successivamente trasportato nel riparo dove venivano custodite le canoe, dove avveniva il vero e proprio lavoro di sagomatura e finitura della tavola. In questa fase venivano usati il corallo che si trovava sulle spiagge ed una pietra ruvida chiamata 'oahi, grazie ai quali le superfici delle tavole venivano perfettamente levigate. La finitura avveniva spalmando la tavola con la stessa sostanza scura con cui venivano laccate le canoe, fatta con la cenere, il succo di una pianta grassa, il succo della parte interna di una radice e il succo dei germogli di banano. Uno strato di olio tratto dalle noci di kukui dava alla fine una perfetta impermeabilità alla tavola.
L’importanza dello spirito del surf subì un certo declino durante il diciannovesimo secolo, in parte perché i missionari cristiani ne scoraggiarono la pratica ritenendolo una distrazione nociva, in parte perchè alle Hawaii nel 1819 - contemporaneamente alla fine del sistema sociale Kapu - venne interrotto il Makahiki, una festa annuale della durata di 3 mesi (da metà ottobre a metà gennaio) dove all'arrivo delle grandi onde invernali gli hawaiiani fermavano ogni lavoro ed altra attività ed iniziavano a vivere un periodo di grande festa con musica, danze, canti e tornei di tutti gli sport hawaiiani incluso il surf. Oggi questa festa viene ricordata con la celebrazione della "settimana Aloha".
Tale declino fu determinato inoltre dalle restrizioni della nuova religione, dalla stessa attrazione degli hawaiiani per le nuove culture con cui entravano in contatto, dal sempre minor tempo libero dovuto ai nuovi sistemi lavorativi, ma soprattutto dall'arrivo, con i colonizzatori, di malattie prima sconosciute sulle isole ed alle quali gli indigeni non erano preparati, e che purtroppo decimarono la popolazione.
Verso la fine del diciannovesimo secolo il surf ebbe una leggera e breve ripresa durante il regno del Re Kalakaua (1874-1891), il quale si battè per recuperare tutto ciò che caratterizzava l'antica cultura hawaiiana, incoraggiandone ogni forma d'espressione quali la danza hula, i canti e tutti gli sport. A questo periodo, precisamente al 1885, risale il "battesimo" del surf sulla costa americana, dove alcuni Hawaiiani che frequentavano una scuola militare a San Mateo, in California, si costruirono delle tavole di sequoia e surfarono le onde alla foce del fiume San Lorenzo davanti ad un pubblico meravigliato ed affascinato dalla loro abilità, che fece scoccare la passione per questo sport anche sul continente.
All’inizio del ventesimo secolo il punto d’incontro per la poca gente che ancora praticava il surf era la zona di Waikiki, sull’isola di Oahu, dove un gruppo di americani aveva fondato l’Outrigger Canoe and Surfing Club ed un gruppo di surfisti Hawaiiani, tra cui Duke Kahanamoku, aveva fondato l’Hui Nalu Surfing Club. Allora l’unico hotel esistente a Waikiki era il Moana Surfrider, immerso nel verde delle palme e dei banani.
Alla fine degli anni venti le Hawaii iniziarono ad essere frequentate dai pochi turisti che potevano permettersi il viaggio. In quel periodo Rabbit Kekay segnò un passo storico per il surf, inventando un nuovo stile chiamato "hot dogging": dopo aver imparato su pesantissime tavole di legno lunghe cinque metri, iniziò ad usare tavole di koa lunghe poco meno di due metri, simmetriche in nose e tail, con un profondo vee nella parte posteriore. Con quelle si riusciva ad effettuare manovre più strette e si poteva finalmente seguire la parete dell’onda. Osservando il suo stile, il resto dei surfisti imparò ad effettuare il bottom turn e a manovrare più agilmente anche le tavole lunghe.
Negli anni trenta gente proveniente da tutte le parti del mondo si recava a Waikiki, dove i beach boys erano diventati famosi per la pratica del surf, della canoa hawaiiana a bilanciere, e la musica. Fino ad allora, per tanti secoli, gli Hawaiiani avevano conservato il surf per loro stessi e soltanto grazie all’avvento del turismo su quest’isola, il mondo poteva conoscere le meraviglie ed il fascino del surf.
Con gli anni quaranta e la seconda guerra mondiale il surf subì un nuovo colpo dolente. Con l'ingresso degli Stati Uniti nella guerra le Hawaii furono sottoposte alla legge marziale e le spiagge hawaiiane furono invase da milizie e disseminate di filo spinato.
Passati questi anni grigi venne l’epoca dorata del surf moderno, che gli americani ricordano come i favolosi anni cinquanta. Grazie alla prosperità del dopoguerra ed al grande passaparola effettuato dai militari che in qualche modo erano passati alle Hawaii, i surfisti invasero onde e spiagge come mai prima. La prima gara internazionale di surf a Makaha, che fu vinta da Rabbit Kekai con una tavola di balsa monopinna fatta da Matt Kivlin, si tenne nel 1956 ed è diventata una tra le manifestazioni internazionali di surf più importanti del mondo. Gran parte dei criteri e delle tecniche di gara del longboard moderno trae origine proprio da questo famoso evento.
L'arte del surf ebbe un fiorente periodo negli anni sessanta, quando furono prodotti decine di film sul surf. Il più famoso fu "The Endless Summer", che generò e diffuse un’immagine molto positiva di questo sport. Tra gli altri, "Blue Hawaii", con Elvis Presley, "Ride the Wild Surf", "The Golden Breed", "Gidget Goes Hawaiian", "The Fantastic Plastic Machine", "For Those Who Think Young", "Ride The Wild Surf", "The Big Surf" e molti altri. La popolarità del Surf in questo momento in tutto il mondo era in continua espansione, così come la risonanza che avevano i surf contest. La prima rivista stampata di surf, "Surfing Magazine", fu fondata proprio nel 1960. Camicette hawaiiane e gruppi musicali surf (come Beach Boys, Surfaris, Ventures, ecc.) erano molto popolari e ad Huntington Beach, California, fu svolto il primo surf contest della storia degli Stati Uniti e finalmente, durante gli anni settanta, il surf veniva considerato oltre che uno sport, uno stile di vita.
Oggi il surf è praticato in oltre 500 paesi del mondo e da persone di ogni età, da uomini e donne. Il surf è lo sport che ha sparso gente nei mari e negli oceani di tutto il mondo durante i secoli perché nessuna sensazione può essere paragonata a quella che si prova scivolando sull’acqua spinti solo dal movimento di una lunga parete liquida.

LE REGOLE DEL SURF
In acqua, per non avere problemi né con gli altri, né con se stessi, vi sono alcune cose e alcune regole da sapere.
Quando vai a surfare, specie in un nuovo sport, non ti buttare subito in acqua, aspetta, fermati fuori, osserva la situazione, osserva come entrano ed escono dall’acqua gli altri surfisti, osserva come sono le onde, la loro velocità, l’altezza, e se possibile chiedi informazioni a persone della zona. A questo punto valuta in base alle tue capacità. Quindi se dopo aver valutato tutte queste cose, ti senti pronto, non esitare, entra. Quando arrivi alla line up, tenta di acquisire familiarità con i surfisti locali, vedendo che tipi sono e magari scambiando due chiacchere se vedi che sono tipi disponibili. Non ti buttare sulla prima onda che capita, aspetta il tuo turno con calma, lasciando che loro prendano le onde e capiscano che li rispetti, dopotutto loro surfano lì da prima di te. In questo modo sarai a tua volta rispettato e sicuramente ben accetto.
Se lo spot e' impegnativo e non sei abbastanza esperto cerca un posto più tranquillo in modo da non rischiare senza motivo di farti male.
Quando sei nuovo, appena arrivi, dai quindi sempre precedenza.In generale, esiste però una regola di precedenza:ovvero il surfista che parte più vicino al picco ha la precedenza. Questa e' la regola fondamentale, dunque non remare quando il surfista in precedenza ha preso l'onda e la sta surfando. Questo significherebbe droppare. Quindi guarda sempre, prima di remare su un'onda, se dalla parte del picco qualcuno sta già surfando o sta partendo sulla stessa onda. In questo caso smetti immediatamente di remare o esci dall'onda, non solo per una questione di correttezza, ma anche perché ci si potrebbe far male. Se qualcuno ti droppa volontariamente, puoi farglielo notare, ma è sempre meglio mantenere la calma.
Chi surfa ha la precedenza su chi rema per tornare sulla line up. Se stai tornando fuori fai un giro largo passando lateralmente rispetto ai surfisti. Non remate dritti in mezzo alla folla di surfisti, questo potrebbe risultare pericoloso. Se proprio vi trovate in quella zona e non potete farne a meno, allora tentate di passare il più possibile vicino alla parte della schiuma, dove l'onda ha gia' rotto lasciando la parte pulita al surfista che la cavalca.

LA SICUREZZA IN ACQUA:
Prima di entrare in acqua controlla che la tua attrezzatura sia in buono stato: il leash, la tavola, la paraffina, ed eventualmente la muta e gli altri accessori.Controlla anche la tua forma fisica, devi avere una discreta resistenza, i muscoli bene allenati e senza problemi, i polmoni discretamente allenati e verifica le tue capacità di surfista prima di entrare in uno sport impegnativo.
Quando sei in acqua tieni d’occhio quelli meno bravi di te, se ti stanno vicino, per esempio se stai effettuando il take off e davanti a te c'e' qualcuno in difficoltà non prendere quell'onda rischiando di piombargli addosso, ce ne saranno altre di onde. Se c’è qualcuno in difficoltà, non stare in acqua a surfare le tue onde fregandotene, ma esci e vai a chiamare dei soccorsi. Non decidere di aiutarlo di persona (a meno che tu non sia una persona preparata al salvataggio) rischieresti di finire tu stesso assieme a lui nella situazione di pericolo.
Ricordati della tavola, quando è possibile tienila sempre sotto controllo, ricorda che la punta della tavola e le pinne possono risultare pericolose e taglienti, e la stessa tavola è un oggetto pesante. Allo stesso modo se vieni centrifugato da un'onda cerca sempre di ripararti la testa. Quando cadi tenta sempre di attraversare l’onda, e mai di finire contro l’onda stessa, che altrimenti ti frulla e ti sbatte contro il fondale.Se vieni frullato, pensa solo a coprire la testa, e rilassa il resto del corpo, facendoti trascinare dall’onda, e nuota verso la superficie solo quando senti che l’onda non tira più. Infatti nuotare mentre l’onda ti trascina, è inutile, e ti fa solo sprecare ossigeno.
Se rimani rapito da una corrente rema in maniera parallela alla riva finché non raggiungi un luogo sicuro e senza corrente, ma non nuotare contro corrente, o sprechi energie rimanendo sempre nello stesso punto.
Non andare mai da soli in acqua, specie se ci sono condizioni pericolose, o se siete neofiti di questo sport.
Tratto dal sito surfproject

Vuoi Imparare a Surfare.....clicca QUA !

31 luglio 2006

GIOCHIAMO A PALLA CANOA ?




La palla canoa o meglio la "canoa polo" è un gioco ed uno sport di squadra che si svolge in acqua con la palla e la canoa. È una specie di pallanuoto dove i giocatori (5 in campo e 3 in panchina) si muovono su canoe.
Lo scopo è quello di fare più goal della squadra avversaria in un tempo di 20 minuti (due da 10') segnando in una porta (di dimensioni 1 m * 1,5 m) sospesa a due metri sul livello dell'acqua e protetta da un giocatore che usa la pagaia per parare i tiri.
La palla è una normale palla da pallanuoto e può essere giocata sia con le mani che con la pagaia.
Il campo di gioco è costituito da uno specchio d'acqua rettangolare, libero da ostacoli, lungo 35 m e largo 23 m. Può essere installato sia su specchi d'acqua naturali (laghi, mare, ecc.) che in piscine.
I cambi sono illimitati senza bisogno di fermare il gioco purché non siano mai presenti contemporaneamente 6 giocatori della stessa squadra nel campo di gioco.
Le riserve stanno dietro alla propria porta fuori dalla linea di fondo campo.
Si devono usare canoe con lunghezza compresa tra 2,1 e 3,1 metri, dotate di una protezione morbida su punta e coda per addolcire gli impatti.
Tutti i giocatori di una squadra devono indossare una maglia, un corpetto protettivo, e un casco munito di griglia per ogni impatto che potrebbe essere ragionevolmente previsto nel corso di ogni gara.
Questo sport è nato in Inghilterra e in Germania negli anni 70 come alternativa agli allenamenti invernali di canoa. Risultando subito molto divertente fu esportato in tutta Europa e nel 1984 si formarono le prime squadre nel Nord Italia.
In Italia però si giocava con il cosiddetto "Stile Italiano" che prevedeva la possibilità di toccare il pallone esclusivamente con la pagaia. Unica eccezione la Liguria, dove si giocava con le regole internazionali derivate direttamente dai maestri inglesi. Nel 1986 la Federazione Italiana Canoa Kayak (FICK) formò un Comitato Federale per la Polo e redasse un regolamento, il primo della canoa polo in Europa, codificando le regole dello stile italiano. Nel 1987 la FICK organizzò il primo torneo nazionale chiamato "Coppa Italia". L'anno successivo venne stilato un regolamento unificato a livello europeo, che prevede l'utilizzo delle mani, ma in Italia si continuò fino al 1992 a giocare con le vecchie regole. La "Coppa Italia" del 1992 fu l'ultima giocata con lo stile italiano.
Nel 1993 la Federazione Italiana Canoa Kayak adottò le regole internazionali, si svolse il primo "Campionato Italiano", e lo "Stile Italiano" scomparve.
Dal '93 a oggi si è continuato a disputare il campionato italiano che oggi è diviso in 3 serie (A, A1, e B) al quale è stato affiancato dal 2000 un ulteriore torneo nazionale: la Coppa Italia. Nel 2004 si sono giocati Campionati Maschili di Serie A, A1 e B, Campionati Femminili serie A e A1, e Campionati Maschili Under 21 serie A.

28 aprile 2006

IN MARE CON UN' AQUILONE










La storia
La gran parte delle versioni circa il sorgimento del kitesurf indica la Cina di 2000 anni fa come luogo d'origine, dove avrebbe aiutato la navigazione di barche ed il trasporto di pesante materiale da costruzione. Intorno all'anno 700, i missionari buddisti trapiantati nel Giappone avrebbero usato kites per fini religiosi e militari. Nel 1295, Marco Polo fece conoscere all'occidente le meraviglie del kite.... leggi tutto

Il Kite
Il kite (aquilone in italiano) o "l'ala", è collegato con due o quattro cavi (20-30 metri) ad una barra orizzontale (45 a 60 centimetri) che varia in base alla taglia del kite e che serve per guidare l'aquilone.
Esistono due tipi di kite: kite gonfiabili e i kite a cassoni (simili alle ali usate per fare parapendio).
I kite gonfiabili sono costituiti da una struttura gonfiabile ad alta pressione, che diventa rigida e permette di rilanciare il kite nel caso in cui cade in acqua e renderlo inaffondabile; in un tessuto tipo spinnaker.
I kite a cassoni per uso marino, invece non hanno una struttura rigida, il vento convogliato in bocchettoni di "non ritorno" gonfia il kite che rimane in pressione.

Le taglie
Le taglie delle ali variano da 2 mq per venti di fortissima intensità a 25 mq per le brezze leggere(con brezze sotto 8 nodi è meglio fare altre cose...). Il kitesurf può planare con venti veramente leggeri di circa 10-12 nodi (dipende molto dalla taglia del kite e dalla tavola).

Tavole
Le prime tavole erano simili ad un surf da onda, ma con le straps come un windsurf, posizionate però più avanti verso la metà della stessa lunga appena 2,10 m... e pesi da brividi...!!! ora siamo arrivati ad avere tavole vicino ai 70 cm di lunghezza e una larghezza variabile tra i 30 cm e i 46 cm. Naturalmente 70 cm di lunghezza rappresenta quasi il limite fisico e non utilizzabile in tutte le condizioni... Attualmente la grandezza standard si e' avvicinata ai 110-130 cm di lunghezza e larghezze tra 33- 38 cm, con pesi di circa 2 kg max.

Sicurezza
IL kitesurf è uno sport molto pericoloso se sottovalutato: in spiaggia il kite può sembrare innocuo, ma in certe situazioni il kite può diventare indomabile; è solo l'esercizio per gestire queste situazioni che rende la pratica di questo sport più sicura; in ogni caso sempre meglio praticare questo sport in zone non affollate, in spazi appositi (club previsti di apposite zone di rilancio e atterraggio del kite e di corridoi d'uscita) o ancora meglio desolate se si è nelle prime fasi di apprendimento.

Buon Vento

Per saperne di più su luoghi negozi eventi e quant'altro, clicca quì!

foto: mazaratour

10 marzo 2006

SULL' ACQUA SCIVOLANO DI PIU'





Chi inizia a praticare questo sport ne resta subito affascinato. La sensazione di "volare sull’acqua" è forte ed emozionante e il desiderio di provare e riprovare ancora è quasi inevitabile.Fa parte di quei pochi sport privilegiati che si praticano all’aria aperta ed è uno sport "stagionale" che ha il profumo dell’estate e i colori delle spiagge e del mare.Il contatto con la natura, la sfida con se stessi, la forza delle emozioni che scatena, sono le caratteristiche che fanno di questo sport, uno dei più affascinanti e coinvolgenti sia per chi impara sia per chi ne è spettatore.Lo sci nautico si può iniziare a praticare anche da piccolissimi, ma l’età consigliata è 8 anni.
Leggi la storia dello sci nautico


DISCIPLINE CLASSICHE
Sono quelle tradizionali che comprendono slalom, figure e salto.
Nello SLALOM lo sciatore deve completare un percorso di 6 boe. Chiuso con successo un passaggio di 6 boe e raggiunta la velocità massima, la corda viene accorciata e diminuisce la distanza tra lo sciatore e la barca. Più la corda è corta, più è difficile aggirare le boe. Se si cade o si fallisce una boa non si può proseguire. Il punteggio è calcolato sulla base del numero di boe completate alla misura della corda al momento della caduta.
Nelle FIGURE lo sciatore ha a disposizione due passaggi di 20 secondi ciascuno per eseguire il massimo numero di esercizi. La giuria stilerà la classifica in base a tabelle che fissano per ogni figura un punteggio. La caduta non compromette, a differenza dello slalom, l’esecuzione, ma limita il numero di figure e quindi il risultato finale
Il SALTO è la specialità più emozionante dello sci nautico. Ogni sciatore ha a disposizione tre tentativi dal trampolino, il salto più lungo è il vincente. La velocità della barca è costante. Gli sciatori effettuano dei "tagli" sulla scia che servono almeno a raddoppiare la velocità di approccio al trampolino. Durante il passaggio sul trampolino, gli sciatori sono soggetti a una forza G che è dieci volte il peso del loro corpo. Durante il volo, hanno una frazione di secondo per spingere e raggiungere la massima distanza.

WAKEBOARD
Dopo le Classiche è la disciplina più praticata in Italia.
Simile allo snow-board da neve, anche sull’acqua si pratica su una tavola, più lunga rispetto ai comuni sci da figure, che consente di raggiungere notevoli elevazioni e di effettuare salti mortali molto spettacolari.
La gara comprende due passaggi in un campo gara, durante i quali lo sciatore deve eseguire una serie di salti. Il valore della prestazione non è determinato solo dall’esecuzione del maggior numero di figure, ma la giuria dovrà anche esprimere un giudizio qualitativo, tecnico e artistico, sull’esecuzione dei salti.

PIEDI NUDI
La specialità dei Piedi Nudi ripete le stesse discipline delle Classiche, praticate però a piedi nudi, senza cioè l’ausilio degli sci. Ha un Regolamento a parte e punteggi diversi dalle Discipline Classiche. Si tratta di una specialità molto spettacolare e per la quale occorrono coraggio e quel pizzico d’incoscienza che contraddistingue i praticanti degli sport estremi

TELESKI
Cos’è il teleski? E’ una specie di skilift che consente il traino dello sciatore senza l’utilizzo del motoscafo. Ne esiste uno all’Idropark Fila di Milano: è il primo e unico impianto di sci nautico in Italia azionato a energia elettrica che risponde ancor più alle esigenze ecologiche e permette di praticare questo sport, sia agonistico che amatoriale, in modo diverso e alla portata di tutti. Il Teleski è anche a scuola di sport. La Federazione Italiana Sci Nautico offre infatti alle scuole particolari convezioni per dare la possibilità a tutti gli studenti milanesi di provare la splendida emozione di scivolare sull’acqua. L’impianto è a disposizione degli alunni delle scuole che desiderano un approccio positivo ed educativo nel mondo degli sport d’acqua, senza dover portare con sé null’altro che il costume da bagno; infatti, sul posto i ragazzi troveranno tutto il materiale necessario per cimentarsi sul piano d’acqua del "mare dei milanesi".

Links utili : F.I.S.N. I.W.S.F Skifly Thomasdegasperi

09 marzo 2006

IL RICHIAMO DI TONY HAWK







SKATEBOARD...la storia Di sicuro gli skateboards simili a quelli che vediamo tuttora, hanno una storia relativamente recente, nascono infatti in California negli anni ’60 dove i ragazzi che facevano surf da onda iniziarono a vedere delle analogie tra lo sport che praticavano e quello che è l'antenato dello skateboard, ovvero una tavola di legno con sotto attaccati i truck e le ruote di vecchi pattini a rotelle. I surfers dedicati alla tavola a rotelle iniziarono a fare le prime evoluzioni, come "impennate" sulle ruote anteriori o posteriori, giri su se stessi e cosi' via. I più temerari facevano avanti e indietro sulle pareti verticali delle piscine vuote (le famigerate pool, che in California, a differenza delle piscine da noi conosciute, hanno un fondo tondo e raccordato con transizioni). L’attrezzo era pero’ ancora rudimentale: tavole strette e piatte, ruote di ferro o legno, truck senza molleggi, per cui le sensazioni "tipo surf" erano pressoché irraggiungibili e lo skateboard passò lentamente nel dimenticatoio. Il 1975 e’ ricordato da tutti gli skater come l’anno della rivoluzione, una rivoluzione tecnica che riportò lo skateboard al successo, non solo in California, ma in tutto il mondo: un giovane ingegnere tal Nasworthy ebbe l'idea di montare sugli skateboard le ruote in uretano che essendo piu’ morbide permettevano manovre simili a quelle del surf. A causa dell'interesse globale di cui godeva lo skateboarding, gli anni seguentifurono una continua evoluzione per questo sport. Si iniziarono a delineare le varie specialità che esistono ancora oggi: il freestyle, lo slalom, la discesa libera (downhill) e soprattutto lo skateboarding vert. Lo skateboarding vert consisteva nel fare manovre (o anche solo nel cercare di andare più in alto possibile) sulle pareti delle piscine, o in strutture appositamente costruite come i primi quarter negli antenati degli attuali skatepark. La continua evoluzione tecnica imponeva però anche un'evoluzione dell'attrezzo (che continua anche ai giorni nostri): tavole più larghe in acero canadese, ruote con cuscinetti più veloci e truck che rispondevano meglio alle sollecitazioni imposte. Con milioni di praticanti in tutto il mondo si svilupparono grandi interessi attorno al mondo dello skateboard, molti ragazzi, che prima praticavano lo skateboarding solo per passione, diventarono dei veri e propri professionisti dello sport, con stipendi e il proprio nome che appariva sui giornali specializzati che giravano nelle mani degli appassionati in tutto il mondo (nella seconda metà degli anni '70 il più famoso era Skateboarder Magazine, mentre negli anni '80 diventarono popolari le riviste Thrasher e Transworld Skateboarding). I primi pro degli anni '70 avevano il proprio nome sulle tavole costruite su loro disegno, guadagnando una percentuale sulle vendite. Oggi i pro mettono il loro nome non solo sulle tavole, ma anche su ruote, carrelli, scarpe e capi di abbigliamento. Con il passare del tempo si cominciarono a organizzare dei veri contest, naturale evoluzione delle feste tra amici, che vedevano competere gli skaters a botte di manovre stile e consistenza. Negli anni '80, quando lo skateboard fu rimpiazzato da altri sport di tendenza (BMX, pattini a rotelle, windsurf), molti proprietari di rampe e skatepark aperti al pubblico chiusero i battenti, dato che il numero degli skaters che erano disposti a pagare per usare le strutture non era sufficiente a coprire le spese necessarie per mantenere questi (a volte enormi) spazi. Nacque così, intorno al 1982, la disciplina dello street-style, che consiste nell'usare le strutture urbane (come scalinate, panchine, etc.) per eseguire le manovre, evitando cosi’ di pagare il park (o di fare chilometri per trovarne uno). La disciplina dello street-style (o anche street) è indubbiamente quella più praticata dai ragazzi in tutto il mondo, soprattutto perché praticabile quasi ovunque ma anche perché evita di doversi impegnare nella costruzione di strutture. I due pro americani che hanno contribuito maggiormente alla nascita e allo sviluppo dello street sono sicuramente Natas Kaupas e Mark Gonzales. Tra l'87 e l'88 il fenomeno skate riesplode come una vera e propria "moda" in California (nell'89-‘90 in Italia). Questa volta lo skateboard viene caratterizzato da tecniche riprese da ogni periodo dello skateboarding. Lo street-style domina sempre, ma la tecnica ibrida inventata dai ragazzi comprende manovre riprese dallo skateboard vert, che, anche se un po' trascurato, vive una seconda giovinezza. In questo periodo si costruiscono le prime vere e proprie minirampe, rampe di altezza intermedia che favoriscono sia l'apprendimento che l'ibridazione tra la tecnica dello street e quella dello skateboarding vert. Nascono anche i video di skateboard, documentari molto essenziali con gli esercizi più difficili eseguiti dai migliori pro, non hanno ancora una vera e propria distribuzione ma girano di mano in mano tra gli appassionati sotto forma di VHS.

Vuoi Imparare a Skatare?....clicca QUA !

tratto dal sito coolboards

27 febbraio 2006

IL MEDAGLIERE DI TORINO 2006

l'Iitalia dei ventesimi giochi olimpici invernali, di Torino 2006, non ha sfigurato, mettendo in luce potenzialità nelle discipline cosiddette minori, che la maggior parte di noi italiani e tifosi, non conosceva, o sottovalutava.
Mi riferisco alla specialità che ci ha regalato più medaglie : il pattinaggio di velocità su pista lunga e su pista corta (Short track femminile) con uno strepitoso Fabris su tutti, vincitore di tre medaglie (due ori e un bronzo), ma anche con lo slittino ed il bob, fino alla conferma dello sci di fondo.
Medagliere italiano:


5 ori


  • Slittino : (singolo maschile) A. Zoeggeler
  • Pattinaggio di velocità (1500 m. maschile) E. Fabris (inseguimento a squadre maschile) M.Anesi, S.Donagrandi, E.Fabris, I.Sanfratello
  • Sci di fondo : (50 km) G. Di Centa (staffetta 4 x 10 km maschile) F. Valbusa, G. Di Centa, P. Piller Cottrer, C.Zorzi

6 bronzi

  • Slittino : (gara di doppio) G. Plankensteiner, O. Haselrieder
  • Pattinaggio di velocità :(5000 m maschile) E.Fabris (Short track 3000 m staffetta femminile) M.Capurso, M.Zini, A. Fontana, K. Zini
  • Sci di fondo : (30 km inseguimento maschile) P.Piller Cottrer (staffetta 4 x 5 km femminile) A. Follis, G.Paruzzi, A. Confortola, S. Valbusa
  • Bob : (A2 femminile) G. Weissensteiner, J. Isacco
All'appello è mancato clamorosamente lo sci alpino, che con zero medaglie, uguaglia il record negativo di Lake Placid nell'80.
Sono mancati all'attesa campioni, che nella considerazione generale, sembrava che avessero già una medaglia in tasca. Parliamo dei vari Giorgio Rocca, la coppia Fusar Poli-Margaglio, la giovanissima Carolina Kostener (forse caricata di troppe responsabilità), Carta, Ghedina, Blardone, e le sorelle Fanchini.
Speriamo che la cocente delusione per questi atleti, venga smaltita in fretta, e che non ci sia il bisogno di rifondare un'intero settore, quelo dello sci alpino per l'appunto.


Vedi il medaglire dei XX giochi olimpici invernali di Torino 2006
Vedi il medagliere complessivo

10 febbraio 2006

XX OLIMPIADI INVERNALI (10-26 Febbraio 06)


Al via questa sera (cerimonia di apertura) la ventesima edizione dei giochi olimpici invernali.
Evento olimpico che torna in casa Italia dopo 46 anni...(Roma 60)
Nei post precedenti ho fatto un breve elenco di quelle discipline che richiameranno la mia attenzione per tutta la durata dei giochi.
Curiosità storica su una disciplina di questi giochi : Aspettando Torino 2006
Riporto di seguito i vari link alla programmazione di detti eventi, con la speranza di far cosa gradita a chi, come me, aspettava con ansia l'inizio di questo bellissimo ed emozionante evento sportivo...
Buon divertimento!

Sci alpino Skeleton Slittino
Salto Bob Pattinaggio velocità Snowboard

20 gennaio 2006

ASPETTANDO TORINO 2006...


In occasione delle prossime olimpiadi invernali di Torino 2006, voglio fare una breve panoramica tecnica e storica, su quelle discipline, che secondo me, scaricano fiumi di adrenalina pura nel sangue degli atleti che le praticano.

Alle origini di tre discipline olimpiche, quali: lo slittino , il bob e lo skeleton, vi è il tobogganning....

La parola toboggan deriva dalle tribù indiane dell’America del Nord che chiamavano così le piccole slitte che utilizzavano per trasportare i materiali da campo a campo. Secondo Ormon Hake, autore di un studio sul tobogganning del 1892* gli indiani Coughnawaga, una tribù piuttosto civilizzata dell’Ontario canadese, utilizzavano anche i toboggan a scopo di divertimento. Già nel 1885 americani, canadesi e statunitensi, avevano imparato ad utilizzare i toboggan indiani, facendone uno sport di successo........

19 gennaio 2006

CON LA TAVOLA SULLA NEVE..COME IN MARE

XMacTwist + XIndy


Lo snowboard è nato negli Stati Uniti, dall'unione di due sci (pensate al monosci che è andato di moda negli anni '80!!!). Da questa idea iniziale e alquanto rudimentale, siamo arrivati alle attuali tavole da Snow passando per i progetti del Sig. Burton, del Sig. Sims, e del Sig. Weber. Le prime tavole sono nate "elaborando" le tavole da Surf, succesivamente quelle da skateboard per poi arrivare alle tavole in polistirolo dentro e il legno fuori.....
La neve come il mare, le gobbe come le onde, lo snowboard come il surf.
Saltare e fare in fretta per lo sport più spettacolare: una disciplina emergente che già mostra i muscoli. Simbolo di libertà, legato fortemente ai giovani su i quali esercita un grandissimo fascino.
Alto livello tecnico e spettacolarità sono gli ingredienti necessari per praticare lo Snowboard.
Le specialità olimpiche dello Snowboard sono:
Slalom gigante parallelo, Half Pipe, e Snowboard Cross.
Half Pipe
Il tracciato è un mezzo tubo di neve innevato (Half Pipe) a forma di mezzo cilindro, una struttura molto simile a quelle per lo skateboard, lungo circa 135-145 m, con una pendenza del 16-17%. Gli atleti devono uscire dai muri laterali e poi rientrarvi compiendo in aria manovre e acrobazie, chiamate uscite, attraversando l'Half Pipe da un muro all'altro per sei-otto volte, sfruttando tutta la lunghezza a disposizione. Ogni atleta sceglie una base musicale per la propria prestazione. I giudici dell'Half Pipe sono 5 e ognuno di loro valuta un aspetto della prova:
manovre dritte senza rotazione (standard air), rotazioni (rotation).
IL giudizio complessivo comprende la valutazione dell'altezza delle manovre, l'ampiezza, le qualità tecniche dell'esecuzione della prova e le eventuali cadute (overall impression).
Le 12 donne e 12 uomini con il punteggio più alto nelle due prove di qualificazione (run) accedono alla finale, anch'essa costituita da due run: il miglior punteggio in una delle due prove determina il vincitore e la classifica finale per l'assegnazione delle medaglie
Slalom gigante parallelo
Lo slalom gigante è una specialità in cui gareggiano due concorrenti che scendono sulla stessa pista affiancati su due percorsi paralleli tracciati con porte con teli triangolari blu (percorso di destra) e rosse (percorso di sinistra). I tracciati, la configurazione del terreno e la preparazione della neve devono essere il più possibile identici. Il dislivello tra la partenza e l'arrivo, deve essere tra i 120 e i 200 m. La gara è preceduta da 2 prove (run) di qualificazione. Alla finale accedono i primi 16 classificati che si affrontano su due prove (run) invertendo i percorsi (rosso, blu). L'atleta che taglia per primo il percorso della seconda prova supera il turno. A chi non conclude la prova o esce dal tracciato nella prima run viene applicato il "penalty time" (4% del miglior tempo di qualifica). La seconda prova è quella definitiva per il passaggio del turno o l'assegnazione delle medaglie.
Snowboard Cross (disciplina entrante)
La specialità più spettacolare, secondo me, sotto il profilo dell'adrenalina pura...
Sono necessarie sia doti acrobatiche sia di tecnica alpina. A Torino 2006 la disciplina debutterà nel programma olimpico. Il percorso è disegnato e costruito da un tecnico (cross builder) ed è composto da diverse sezioni: whoops (gobbe), waves (onde), banks (paraboliche), kicker (salti di diversa foggia) e spine (salti con uscita a 90°). Il tracciato è delimitato da porte direzionali triangolari blu e rosse poste a indicare il percorso e l'ingresso sugli ostacoli. La gara parte con le qualificazioni a tempo in cui si scende da soli per due prove (run). I primi 32/16 migliori tempi fatti registrare dagli atleti in una delle due prove di qualificazione sono ammessi alle finali. I finalisti verranno distribuiti in batterie (heat) di 4 concorrenti che partono contemporaneamente sullo stesso percorso con dei pettorali colorati (giallo, nero, blu, rosso). Passano il turno i primi due, fino alle finali che assegnano le medaglie.

Vuoi saperne di più ?, Vuoi imparare a Snowbordare?.....Clicca QUA !

DUE MINUTI SULLE GAMBE A 137 Km ORARI


La discesa libera (DH) è la più spettacolare fra le specialità dello sci alpino. I discesisti, laddove il tracciato lo consente vanno alla ricerca della massima aerodinamicità nella cosidetta posizione a "uovo": individuando le traiettorie più brevi, e lasciano scorrere gli sci per creare il minor attrito possibile. Questi atleti raggiungono velocità a volte superiori ai 120 km/h.
Il dislivello della pista per le gare maschili varia dagli 800 ai 1100 metri, per quelle femminili dai 500 agli 800 metri.
Per poter disputare la gara è indispensabile partecipare alle prove cronometrate sul tracciato, prove che determinano anche l'ordine di partenza della competizione stessa.
Tra i discesisti italiani, il primato della specialità spetta a
Kristian Ghedina(nella foto), un vetereano da record che ancora oggi alla veneranda età di 36 anni è tra i 6 discesisti più forti di tutti i tempi.
Nei primi anni '80 come via di mezzo tra una discesa libera e uno slalom gigante nasce una nuova disciplina dello sci alpino, il super-G (SG)
Oggi il SG è molto più vicino, per velocità e caratteristiche tecniche, alla discesa.
Le gare di super-G maschile si svolgono su un dislivello che varia dai 500 ai 650 metri, quello delle gare femminili varia invece dai 400 ai 600 metri.
Il tracciato è segnalato con porte alternate blu e rosse atte a formare cambi di direzione in numero non superiore al 10% del dislivello e non inferiore a 35 in campo maschile e a 30 in quello femminile. Non sono previste prove del tracciato ed è obbligatorio come per la discesa libera l'uso del casco.

SCIVOLANDO VAI...CON LO SLITTINO!




Il primo incontro organizzato di questo sport ebbe luogo nel 1883 in Svizzera. Nel 1913 venne fondata a Dresda (Germania) la Internationale Schlittensportverband, ovvero la Federazione Internazionale degli Sport con Slitte. Questo organismo governò lo sport fino al 1935, quando venne incorporato nella Fédération Internationale de Bobsleigh et de Tobogganing (FIBT). Dopo che venne decisa la sostituzione dello skeleton con lo slittino ai Giochi Olimpici, venne disputato il primo campionato mondiale di slittino, a Oslo (Norvegia) nel 1955. Nel 1957 venne fondata la Fédération Internationale de Luge de Course (FIL). Le gare di slittino comparvero nel programma delle Olimpiadi Invernali del 1964.
Le regole dello slittino sono abbastanza semplici. la discesa viene cronometrata e l'atleta deve lasciare le maniglie di partenza entro un certo tempo, dal momento in cui la pista viene dichiarata libera.
Esistono restrizioni sul peso degli slittini, oltre a limitazioni nel disegno e costruzione degli stessi. Le lamine (in metallo) su cui lo slittino scivola devono avere una temperatura posta all'interno di un certo intervallo relativo alla temperatura dell'aria. Esistono inoltre limitazioni sul peso degli atleti, oltre a restrizioni relative all'equipaggiamento: tuta, scarpe, casco, guanti, ecc.
Come in altri sport basati sul tempo, le qualificazioni determinano la posizione di partenza, importante per evitare il deteriorarsi delle condizioni della pista. Il tempo complessivo viene ottenuto sommando i tempi parziali di due o più discese lungo la pista.
foto Torino 2006

18 gennaio 2006

CORRERE PER LO GHIACCIO....

Enrico Fabris: oro(1500 m.)-bronzo(5000m.) Torino 2006

Inseguimento a squadre maschile: oro (M.Anesi, S.Donagrandi, E.Fabris, I.Sanfratello)


Pattinare sul ghiaccio è sempre stato una necessità per quelle popolazioni che dovevano convivere per lunghi periodi con il freddo intenso.
Una necessità per muoversi, ma soprattutto una necessità per evitare di ritrovarsi sempre "per le terre". Così la pensava il grande Leonardo da Vinci, che in una lettera all'amico Benedetto Portinari chiese "in che modo si corre per lo ghiaccio in Fiandra, perché uno che sdrucciola sopra ghiaccio no cade". La lettera era datata 1480 e rappresenta il primo documento che conferma l'invenzione di un pattino che permette di scivolare sul ghiaccio.
Un pattino, per riprendere l'osservazione del grande Da Vinci, composto da ossa di animali o di legno. L'utilizzo era finalizzato al trasporto, mentre la parte ludico-agonistica del pattino ancora non esisteva.
Solamente nel 1924 (Olimpiadi di Chamonix), il pattinaggio legato alla Pista lunga ottenne lo status di disciplina Olimpica (lo Short Track ci riuscì solamente nel 1992 ad Albertville). Il pattinaggio di velocità, diviso nelle due specialità Pista Lunga e Pista Corta ha permesso alla Federazione Italiana Sport del Ghiaccio (FISG) di vincere le sue prime medaglie Olimpiche agli ultimi Giochi di Lillehammer (Norvegia - febbraio 1994).
La squadra azzurra di staffetta maschile nello Short Track ha conquistato la medaglia d'oro, mentre Mirko Vuillermin, valdostano, ha guadagnato la medaglia d'argento nei 500 m alle spalle del sudcoreano Chae.